LE 3 GRANDI INSIDIE DELLA SPIRITUALITÀ MAINSTREAM

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Che lo vogliamo o no, sulla nostra strada esistono delle tappe fisse che siamo destinati ad attraversare. È meglio chiamarle così, piuttosto che “errori”, perché la parola errore suggerisce spesso il significato di qualcosa di irrimediabile e colpevolizzante.

Tuttavia è un fatto che mentre cerchiamo appigli e nuove fonti di ispirazione per il nostro procedere, spesso veniamo rallentati da una serie di inciampi nascosti, difficili da individuare. A volte questo capita perché pensiamo che sia meglio affidarsi a chi ne sa più di noi. A volte perché non ci sentiamo forti abbastanza per farci carico da soli dei nostri nodi da sciogliere.
Tutto questo però va a scapito della nostra libertà interiore, cioè quella forza che ci permette di ascoltare la voce del nostro intuito, di seguire quello che è importante per noi e di lasciare perdere tutto il resto.
Coltivare la nostra libertà significa anche sforzarsi di non essere banali e di scoprire le insidie della“spiritualità standardizzata”. Da dove partire?

Possiamo iniziare a scoprire che esistono almeno 3 modi per limitare pesantemente la nostra libertà intuitiva:

1) ADEGUARCI AL LINGUAGGIO DELLA “SPIRITUALITÀ MAINSTREAM”

La rete e i social network ci portano ad un “assaggio” continuo di concetti e a una degustazione superficiale di stimoli in tanti campi, compreso quello spirituale. Se da un lato è diventato facile cercare e trovare informazioni in giro, dall’altro è sempre più difficile, per tutti, riuscire a soffermarsi profondamente sulle cose.
I social ci portano ad usare, ma soprattutto ad apprezzare, un certo tipo di linguaggio e di contenuti: che devono essere gradevoli, di facile presa e di semplice utilizzo per attirare la nostra attenzione. È così che si sviluppa il linguaggio della “spiritualità mainstream”.

Ma siamo così sicuri che questo mondo ci appartenga?
Cerchiamo di essere sinceri con noi stessi e agiamo di conseguenza.

  • Se sospettate che termini come “radicamento”, “fisica quantistica” o “resa” in realtà non vi dicano molto… smettete di usarli.
  • Se durante una meditazione vi accorgete che non visualizzate un bel niente o, peggio ancora, vi sembra di stare recitando una parte, alzatevi e fate altro.
  • Se la Dea o gli Angeli tardano a manifestarsi… avranno i loro motivi! Rispettiamoli. E cerchiamo di non essere troppo insistenti. Forse non siamo nello stato d’animo giusto per ascoltarli: abbiamo il compito di imparare a trovarlo. Il tempo e l’intenzione saranno dalla nostra parte.
  • Ricordate che alle cosiddette “parti ombra” non importa nulla della nostra retorica e di solito amano restare dove sono: nascoste nei meandri più profondi della psiche. Non usciranno alla luce del sole soltanto per farci piacere. E poi, siamo così sicuri che incontrarle all’improvviso sarebbe davvero un piacere?
  • Infine, il famoso e dispettoso “bambino interiore”… si infastidisce molto a venire continuamente nominato. Forse, come noi, ha solo bisogno di essere lasciato in pace!
2) SOTTOMETTERCI A UN “INSEGNANTE”

Non esiste nessuno, in questo momento storico, che vi possa dire cosa va bene e cosa non va bene per voi. O addirittura chi siete e di cosa avete bisogno. Cercare una persona che vi fornisca il pacchetto completo di queste informazioni è sempre, come minimo, una perdita di tempo. Ma non è escluso che possa portarvi anche a scelte inutilmente dolorose, poiché mettervi nelle mani di qualcuno implica dargli un potere molto forte sulla vostra vita.

Questo è un avviso che in molti danno, dalla notte dei tempi, per lo più… inutilmente. D’altro canto, se l’avviso resta inascoltato, vuol dire che in qualche modo è giusto così. Chi si trova sul sentiero deve fare le sue esperienze, nelle quali sono compresi inciampi ed errori. Lo spiega molto bene il conte di Saint Germain nel celebre libro “Io Sono”.

3) APPARTENERE A UNA “TRIBÙ”

Appartenere ad una tribù è uno dei bisogni fondamentali degli esseri umani, perché garantisce la sopravvivenza non solo a livello materiale, ma anche psicologico. Nel nostro caso la nuova tribù che si sceglie, per quanto spiritualmente orientata, ci costringe comunque in un sistema di valori e di pensieri standardizzati, omologati, uguali per tutti.
Ma la nostra individualità, nella ricerca spirituale, è importante. Anzi, è tutto.
Solo nostro è un particolare modo di sentire le cose, solo nostro il modo di assorbirle e di farne qualcosa di interessante per la nostra vita.
Il gruppo, con i suoi rituali, il suo linguaggio e i suoi spazi condivisi dà la sensazione di “procedere insieme”. La presenza degli altri ci rassicura sul fatto che siamo sulla strada giusta. Che non siamo soli.
Eppure molto spesso i grandi spiriti hanno avuto bisogno di ritirarsi in solitudine, di coltivare la propria originalità lontani dagli stimoli e dall’approvazione esterna. Persino San Francesco, che amava molto stare in mezzo alla gente e condividere la vita con i suoi confratelli, si riservava dei lunghi periodi in cui stare completamente da solo. Se vi capita, potete visitare alcuni dei suoi eremi preferiti, a cui si arriva facendo delle belle camminate contemplative immersi nella natura.

Cortona – Le celle di S. Francesco

Ma anche se non viviamo in Umbria in mezzo ai boschi, costruire il nostro eremo è sempre possibile. Sperimentare una solitudine costruttiva, che si apre al silenzio e all’osservazione, è indispensabile per ognuno di noi. Per sentire un richiamo, per distinguere le voci profonde da quelle che parlano in superficie.
Tornare tra gli altri è sempre possibile, ed è molto più bello farlo quando abbiamo la certezza che solo noi, nella nostra essenza più sincera, ci siamo indispensabili.

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