DUE MAESTRI, UN’UNICA VIA (cap. 1)

| di GAIA S. LAMON |
1
~ Emozione ~

“Dovunque siate, siateci totalmente”

Per chi ha seguito un percorso in psicosintesi educativa, è facile comprendere, già da una prima lettura, quanti siano i punti di contatto che questa ha con l’insegnamento ed il metodo di E. Tolle.
Ne “Il potere di Adesso” Tolle sceglie di partire affrontando in modo molto diretto i problemi interiori più immediati che toccano intensamente le persone alla ricerca di un loro equilibrio, ed in particolare coloro che per tanti motivi si trovano a percorrere il millenario Sentiero Spirituale: una via piena di gioie ma anche di insidie (Assagioli), di grandi rivelazioni e anche di sofferenza.
Siccome è un insegnante molto concreto, Tolle si rivolge subito a due importanti aspetti che governano gli esseri umani: il tumultuoso mondo delle emozioni, e il forte potere del pensiero. Parte cioè, in termini psicosintetici, analizzando due funzioni: la funzione emozione e la funzione pensiero, e inizia a spiegarci come esse agiscono su di noi e in quale modo (nuovo) possiamo provare a gestirle senza reprimerle, utilizzando al massimo la loro energia.
Direi quindi che i primi argomenti che si possono esplorare per trovare degli avvincenti parallelismi con la psicosintesi sono proprio:
1 la funzione mentale, la funzione emotiva
2 lo stato di presenza, la capacità di dimorare nell’Io

Prima di riportare uno dei passi iniziali del “Potere di Adesso” penso che sia utile accennare brevemente a quella che in psicosintesi viene chiamata “Stella delle funzioni”, in modo da rendere da subito chiaro come il discorso di Tolle si intersechi con quello di Assagioli e come entrambi possano rappresentare una grandissima fonte di arricchimento l’uno per l’altro.

Assagioli ha proposto una sua classificazione delle funzioni psichiche, e una rappresentazione del loro modo di essere e di agire. Per la psicosintesi le funzioni sono sette: 1 sentimento, 2 emozione, 3 istinto, 4 immaginazione, 5 pensiero, 6 intuizione, 7 Volontà.
Ognuna delle funzioni ha un insieme di caratteristiche peculiari, che la rende unica ed indispensabile.
La sensazione veicola le informazioni che vengono ricevute dall’esterno tramite i sensi, riguarda quindi l’area dello stimolo-reazione, è la funzione più “fisica”, che induce le reazioni emotive. È fondamentale non perdere il contatto con la sensazione, ma bisogna stare attenti al tipo di reazioni emotive che contribuiscono a creare, perché possono essere fuorvianti.
L’impulso-desiderio è la molla che si trova dietro ad ogni reazione e ad ogni azione umana; tutti siamo mossi e spinti dai desideri, da quelli più terreni ed erotici fino alle aspirazioni spirituali, che portano a compiere azioni umanistiche e umanitarie. L’emozione-sentimento rappresenta il fuoco, l’energia della vita, mentre il Pensiero è la capacità di ragionare, raccogliere dati, confrontarli, dedurre e comprendere. Ma le emozioni, i desideri e l’immaginazione, come spiega Assagioli nelle leggi della psicodinamica, tendono continuamente ad alterare il pensiero, ad interferire con esso, a farlo deviare. Questo è un argomento che torna molto spesso, come si vedrà più avanti, anche nella visione di E. Tolle. L’immaginazione crea ed evoca immagini e sensazioni di ogni tipo. L’uso dell’immaginazione creativa si basa infatti sulla legge psicologica per la quale “ogni immagine tende a tradursi in azione”.
La capacità di governare questa funzione è molto importante in psicosintesi perché viene utilizzata in specifici esercizi dal potenziale enorme per il miglioramento della vita quotidiana.
L’intuizione (da in-tuere, “vedere dentro”) ci aiuta ad avere una visione profonda della realtà, che esula dai diktat del razionalismo. Ci mette in contatto intimo con le cose, scorge l’invisibile nel visibile, attraversa la superficie e risale alla sorgente. È la funzione psichica che capta le energie transpersonali e le convoglia, seppure per brevi lampi, nel capo della consapevolezza.

La capacità di armonizzare le funzioni e la loro energia è compito dell’Io, che agisce proprio tramite una di esse: la Volontà. La connessione molto stretta tra la Volontà e l’Io, inteso come centro di autocoscienza, è uno dei punti fondanti della psicosintesi perché la volontà è lo strumento (“la metafunzione”) che l’Io utilizza per esprimersi nel mondo.
Il modello proposto da Assagioli è rappresentato graficamente da una stella a sei punte, in cui ogni raggio rappresenta una funzione. Tutte quante fanno da corona alla funzione della Volontà, che, come ho detto in altri termini, agisce come specifica e privilegiata funzione della coscienza.
La condizione esistenziale e costante di tutti noi è però quella di avere una stella della funzioni non ben equilibrata; abbiamo cioè sviluppato alcune funzioni più di altre, oppure ci siamo identificati con una sola di esse, a volte magari rinunciando completamente ad utilizzarne o anche solo a “vederne” altre. Per rendercene conto può essere utile ad esempio utilizzare il disegno per provare a rappresentare la nostra Stella, dopo avere riflettuto approfonditamente sulla sua composizione… e basta provare per avere alcune interessanti sorprese!
Ma come si può raggiungere un migliore equilibrio tra le funzioni?
Di fatto, per la psicosintesi l’uso armonico e regolato delle funzioni dipende proprio dall’Io e dal suo strumento di azione e manifestazione nel mondo, la Volontà. Ma perché l’Io possa muoversi armonizzando e coordinando le funzioni, è necessario che abbia recuperato una indispensabile libertà dalle identificazioni con i vari contenuti psichici. Entra quindi in gioco il fondamentale tema della Presenza nell’Io, che è legato alla nostra capacità di identificarci con esso (auto-identificazione) e, contemporaneamente, alla capacità di disidentificarci dagli altri contenuti.
Le prime funzioni che dobbiamo curare per portarci ad una condizione di equilibrio, per E. Tolle, sono proprio la funzione emozione e la funzione pensiero, perché, sostiene, la mente e le emozioni, nel mondo in cui viviamo, hanno assunto uno spazio abnorme e in un certo senso divorante, allontanandoci definitivamente dalla nostra vera e più profonda natura. È importante ricordare che il concetto della nostra “natura più vera e profonda” è una delle definizioni che gli psicosintetisti danno dell’Io…
Sia per la psicosintesi che per E. Tolle, l’allontanamento da questo centro di coscienza e la tendenza che abbiamo a confondere in nostri stati emotivi e mentali più frequenti con il nostro Io, cioè a identificarci con essi, rappresenta una delle radici del dolore degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Su come risalire da queste radici di dolore, su come tornare al nostro Centro e provare a ridisegnare la nostra Stella, E. Tolle inizia a parlarci così:

“Più vi identificate con il vostro pensiero, con quello che vi piace e non vi piace, con i vostri giudizi e interpretazioni, vale a dire meno siete presenti come consapevolezza osservante, più forte sarà la carica emozionale, che ve ne rendiate conto oppure no.
Se non riuscite a provare emozioni, prima o poi ne avrete esperienza a un livello puramente fisico, sotto forma di un disturbo o di un sintomo. Un forte schema emozionale può perfino manifestarsi come evento esterno che sembra limitarsi ad accadere a voi.

Se veramente volete conoscere la mente e le emozioni, il corpo ve ne darà sempre un riflesso veritiero, per cui bisogna a) osservare l’emozione oppure b) sentirla nel corpo. Se vi è un apparente conflitto… il pensiero sarà la menzogna, l’emozione la verità. La differenza è che, mentre il pensiero è nella vostra testa, l’emozione ha una forte componente fisica e pertanto viene avvertita principalmente nel corpo. Allora potete consentire all’emozione di esistere senza per questo sottostare al suo controllo. Voi non siete più l’emozione, siete l’entità che la guarda, la presenza che la osserva.
Bisogna prendere l’abitudine di domandarsi: che cosa sta avvenendo dentro di me in questo istante? Ma non analizzate, soltanto osservate, focalizzate la vostra attenzione verso l’interno, percepite l’energia dell’emozione

Un’emozione di solito rappresenta uno schema di pensiero amplificato e carico di energia, e a causa della sua carica energetica spesso insostenibile non è facile inizialmente restare abbastanza presenti da poterla osservare. Vuole avere il sopravvento su di voi, e di solito ci riesce. Ma se vi lasciate trascinare da un’identificazione inconsapevole con l’emozione per mancanza di presenza, il che è normale, l’emozione temporaneamente diventa “Voi”.
Soffermandoci mentalmente sulla situazione percepita come causa dell’emozione, il pensiero fornisce energia all’emozione che a sua volta dà energia allo schema di pensiero e così via .
Sostanzialmente, tutte le emozioni sono variazioni di un’unica emozione primordiale indifferenziata che ha origine nella perdita di consapevolezza di ciò che siete aldilà del nome e della forma.”

Quindi per Tolle, ed è fondamentale, la radice della sofferenza, cioè questa “emozione primordiale indifferenziata” (dolorosa), risiede proprio nella perdita di consapevolezza. Lui sottolinea che crediamo, meglio, pensiamo di essere questa emozione, e a quel punto non abbiamo più alternative: possiamo solo stare male! Però proprio l’intensità dell’emozione che ci rende schiavi, è anche quella che ci può salvare. Infatti noi possiamo educarci a sentirla. Sentirla (anche nel corpo, come approfondirò più avanti) è il primo passo; poi possiamo passare ad osservarla. Nel momento in cui la osserviamo, noi siamo già, di fatto, disidentificati.
Bisogna però stare anche attenti, come viene spiegato nelle successive righe che riporto qui sotto, ad una costante ulteriore insidia, che per Tolle è rappresentata dal pensiero, dall’attività mentale. Infatti noi siamo abituati ad usare la mente per fare fronte, in generale, ai problemi della nostra vita. Ma in realtà la mente “non può mai trovare la soluzione, perché è parte intrinseca del problema”. E questo accade perché, per risolvere una situazione emotiva sgradevole, noi cerchiamo disperatamente di ricorrere alla mente, cedendo però nell’identificazione con essa. In un certo senso è come cadere dalla padella alla brace perché “La mente mente”, come dicono i grandi Maestri orientali…

“Uno dei compiti principali della mente è combattere o eliminare quel dolore emozionale, il che è una delle ragioni della sua attività incessante. Ma in effetti più la mente cerca di sbarazzarsi del dolore, più grande è il dolore stesso. La mente non può mai trovare la soluzione perché è essa stessa parte intrinseca del problema.. Immaginiamo un capo della polizia che cerchi di scoprire un piromane quando questo è lo stesso capo della polizia. Voi non sarete liberi da tale dolore finché non smetterete di trarre il vostro senso del sé dall’identificazione con la mente, vale a dire l’ego. La mente verrà allora detronizzata e l’Essere si rivelerà come la vostra vera natura.

Quando imparate a essere testimoni dei vostri pensieri ed emozioni, il che è una parte essenziale dell’essere presenti, potete restare sorpresi quando per la prima volta vi rendete conto del “rumore” di fondo dell’inconsapevolezza ordinaria e capite quanto di rado, o mai, siete veramente a vostro agio con voi stessi.
Una volta che uno schema mentale, un’emozione o una reazione sono lì, bisogna accettarli. Non eravate abbastanza consapevoli così da avere scelta nella questione. Non è un giudizio, è un dato di fatto. Se aveste avuto scelta, o vi foste resi conto di avere una scelta, avreste privilegiato la sofferenza o la gioia, la serenità o il disagio, la pace o il conflitto?
Come è possibile che gli esseri umani si infliggano reciprocamente sofferenze di enormi proporzioni? Agiscono in questo modo perché sono in contatto con il loro stato naturale, con la gioia della vita interiore? Naturalmente no. (…) La vera accettazione trasformerebbe subito quei sentimenti. E se sapeste davvero in profondità che tutto “va bene”, come è stato detto, e che naturalmente è vero, avreste allora quei sentimenti negativi? Senza giudizio, senza resistenza a ciò che esiste, non nascerebbero”.

È interessante notare come Tolle sia interessato principalmente ai processi interiori; questo perché proprio attraverso di essi, in modo apparentemente paradossale, si può intensificare lo stato di presenza. (Ma come diceva un altro grande insegnante, Osho: “la vita spirituale è fatta di apparenti paradossi”!) Lo stato di presenza costituisce, secondo Tolle, la sola base dalla quale può avvenire la liberazione dalla sofferenza, sia emotiva che mentale. Ma non solo: come si vedrà più avanti, realizzare un buono stato di presenza è anche lo strumento ideale, se non l’unico, per coltivare un atteggiamento di accettazione verso se stessi e verso gli altri, creando le condizioni per una vera e profonda relazione.
Anche in termini psicosintetici si può dire che Tolle individui come centrali i problemi che nell’essere umano sono creati dalle turbolenze nel campo emotivo e mentale. Prende cioè in considerazione le disarmonie di queste due importanti funzioni, che potremmo visualizzare con il disegno di una stella delle funzioni non equilibrata ed armonica. Tolle infatti parla in modo reiterato della continua identificazione che tutti noi mettiamo in atto con le nostre emozioni e quindi anche con gli schemi psicologici e comportamentali che continuamente agiamo senza rendercene conto. E qui c’è una perfetta convergenza, sottolineiamolo ancora, con uno dei pilastri della psicosintesi, e cioè con il concetto di identificazione. In pratica, ci dicono sia Tolle che Assagioli, non ci può essere uno stato di autentica presenza se siamo continuamente identificati con quello che proviamo e che pensiamo. In queste condizioni non possiamo essere presenti a noi stessi, cioè “non siamo nell’Io”.
Per Tolle il primo movimento che genera dolore risiede proprio nell’inconsapevolezza. La chiama “Inconsapevolezza ordinaria” e rende così molto bene l’idea di quanto siamo poco presenti a noi stessi per la maggior parte del tempo. Sia per lui che per Assagioli è questa stessa inconsapevolezza ad essere dolorosa e creare dolore, perché l’identificazione con i contenuti emotivi ci fa di volta in volta credere di essere ciò che in realtà non siamo. Ma per entrambi, nel momento in cui siamo in grado anche solo per poco di osservare quello che ci succede dentro, stiamo compiendo un movimento al tempo stesso di distacco e di accettazione. Questo movimento è in un certo senso salvifico perché tende a portarci a ciò che noi siamo, al di là della forma.
Tolle pone decisamente l’accento sull’importanza di essere consapevoli di ciò che siamo “Adesso”, in questo momento, in questo preciso istante, di qualunque cosa si tratti, anche se siamo la cosa che ci sembra più sgradevole al mondo, o solo fastidiosa e indesiderabile.
Questo perché vivere l’Adesso rappresenta la chiave della liberazione dal dolore. Ma non bisogna averne un’idea troppo letterale… come vedremo meglio più avanti, l’Adesso è lo stato dell’eterno presente, del momento che non conosce né passato né futuro, è uno stato senza tempo. La forma, l’apparenza sono legate al tempo, mentre l’Adesso è espressione dell’essenza, cioè della nostra vera natura. Detto ancora in altro modo… è lo stato in cui è possibile sperimentare l’Io! A questo proposito bisogna ricordare che per Assagioli non è possibile dare una definizione diretta dell’Io, ma che esso è descrivibile tramite delle suggestioni, delle immagini: e una di queste, che troviamo anche in “Lo sviluppo transpersonale” è proprio quella di “presenza fuori dal tempo”!

Vorrei fare ancora un piccolo approfondimento sulla funzione emozione, rifacendomi alle osservazioni di P. Bonacina, contenute nel”Manuale di psicosintesi”. Sono poche le persone che sanno gestire la funzione emotiva. Come dice Assagioli, la funzione mentale governa… ma la funzione emotiva regna! I più, infatti, sono preda delle emozioni, incapaci di padroneggiarle; le affrontano con la certezza che solo il cambiamento della situazione esterna varierà il loro stato emotivo. Non usano le emozioni, sono usati dalle emozioni. Altri, all’apparire delle emozioni, richiamano energie per annullarle o rimuoverle, non sopportano di annetterle a loro stessi, né di mostrarle, quale sinonimo di personalità debole o immatura. (E, come abbiamo visto, Tolle specifica che tra le energie che richiamiamo per contrastarle ci sono prima di tutto quelle mentali!)
Non si tiene presente, perché non si sa, che la funzione emotiva è sorgente di energia per pensieri e azioni e che quindi la sua presenza è essenziale nella personalità integrata. Non ha quindi nessun senso, anche dal punto di vista pratico, concentrare tutti i nostri sforzi nel tentativo di reprimerla.
L’impegno per crescere richiede l’attento e sincero esame del rapporto instaurato con la funzione emotiva.
Non dimentichiamo che la funzione emotiva supporta anche le relazioni interpersonali; il sensibilizzarsi ad essa favorisce le attitudini relazionali e aiuta ad esprimere i sentimenti, perfezionandoli. Si inizia con l’imparare, ci ricorda anche Bonacina, a riconoscere le proprie emozioni: con l’osservazione della propria emotività si apprende a differenziare l’entità psichica che osserva, dagli elementi osservati. Uno spostamento da “io sono triste, allegro ecc” a “io ho l’allegria, la tristezza ecc”. L’atteggiamento da spettatore di ciò che si avverte nel corpo, o nell’immaginazione, nei pensieri, nella funzione emotiva, è il primo passo per relativizzare le esperienze psichiche attraverso il processo della disidentificazione. Osservare le emozioni ne facilita un sano controllo, cioè non un controllo di tipo repressivo; aiuta invece ad andare nella direzione della loro armonizzazione.
La disidentificazione dall’emotività si può a volte manifestare spontaneamente ma, come per lo sviluppo di ogni funzione psicologica, “l’intervento guidato, graduato e attento la anticipa, la rende flessibile e la assoggetta alle esigenze della volontà” (Bonacina).
Veniamo infine ad osservare la funzione emozione includendo nel discorso le Leggi psicologiche elaborate da Assagioli.
Secondo la quarta legge psicologica, “le emozioni tendono a suscitare e ad intensificare le idee e le immagini ad esse collegate e a produrre le condizioni fisiche e gli atti esterni ad esse corrispondenti”.
Nelle emozioni si genera una specie di retroazione, in cui le immagini mentali attivano e incrementano le emozioni e le sensazioni fisiche, e queste a loro volta intensificano le idee e le immagini mentali corrispondenti. Se il processo è negativo, per esempio con immagini inerenti la malattia, lo stato emotivo peggiora fino a produrre depressione, e addirittura fino a determinare la comparsa dei sintomi somatici. Ma il processo può anche, invece, essere coscientemente utilizzato in modo positivo, introducendo nella mente immagini o simboli di segno opposto, che a loro volta influenzeranno le nostre condizioni e i nostri atti in modo benevolo, orientato alla crescita e al benessere.
Nella pratica del counseling psicosintetico, vengono proposti esercizi di questo tipo, legati alla visualizzazione non solo di immagini, ma anche di simboli, di frasi ispiranti, di pensieri-seme.
Come arrivare a formulare questi esercizi? Assagioli invita sempre a partire da una migliore conoscenza di noi stessi, per esempio con tecniche come il diario o l’archivio delle nostre subpersonalità e dei nostri schemi mentali, per poi decidere con equanimità su quali aspetti intervenire, e come.
Anche Tolle invita ad un’osservazione consapevole di noi stessi, usando l’attenzione (che non a caso è un termine utilizzato con enfasi da Assagioli nelle leggi psicologiche); secondo me il suo può essere un grande apporto nel lavoro di psicosintesi personale. Ecco la traccia che propone, al termine del capitolo, per muoversi tra emozioni, sensazioni e pensieri, che io ho sperimentato su di me con risultati confortanti:

“L’emozione nasce nel punto di incontro fra corpo e mente. Per esempio un pensiero di attacco o un pensiero ostile creano nel corpo un accumulo di energia che chiamiamo “collera”. Il corpo si prepara a combattere.
Di solito non siete consapevoli di tutti i vostri schemi di pensiero e spesso soltanto osservando le vostre emozioni riuscite a portarle al livello di consapevolezza. Più vi identificate con il vostro pensiero, vale a dire meno siete presenti come consapevolezza osservante, più forte sarà la carica emozionale.
Se veramente volete conoscere la mente, il corpo ve ne darà sempre un riflesso veritiero, per cui bisogna osservare l’emozione o piuttosto sentirla nel corpo.
Osservare un’emozione è la stessa cosa che osservare un pensiero. L’unica differenza è che mentre il pensiero è nella vostra testa, l’emozione ha una forte componente fisica e viene avvertita principalmente nel corpo. Allora potete consentire all’emozione di esistere senza per questo sottostare al suo controllo. Voi non siete più l’emozione; siete l’entità che la guarda, la presenza che la osserva.
Alcune emozioni si identificano facilmente: collera, paura, afflizione, eccetera. Altre possono essere molto più difficili da etichettare. Si può trattare di un vago senso di disagio, pesantezza o costrizione, a metà strada tra un’emozione e una sensazione fisica. In ogni caso ciò che importa non è se potete appiccicarvi un’etichetta mentale, ma se potete portare tale sensazione alla consapevolezza il più possibile. L’attenzione è la chiave per accedere alla trasformazione, e l’attenzione piena implica anche l’accettazione. L’attenzione è come un fascio di luce: il potere concentrato della vostra consapevolezza che trasmuta ogni cosa in se stessa.”

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