DUE MAESTRI, UN’UNICA VIA (cap. 4)

| di GAIA S. LAMON |
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~ Il Corpo di Dolore ~

“La trasformazione del vil denaro in oro”

Come abbiamo visto finora, uno dei temi principali di “Il potere di Adesso” è il tema della fisicità, del prendere corpo dei pensieri e delle emozioni. Tolle ha una concezione fisica di alcune delle nostre funzioni, non solo della funzione sensazione. È come se, per lui, esse fossero sempre anche “incarnate”, e attraverso questa incarnazione agissero con molta più forza su di noi, interferendo così con la nostra consapevolezza e aumentando il dolore. L’intensità del dolore ci porta ad identificarci con esso. Arriviamo a credere di essere il nostro dolore, e così facendo perdiamo il contatto con il nostro centro. È così che funziona il meccanismo dell’identificazione, anche per gli psicosintetisti. Tolle però usa un’immagine particolare, per rendere meglio l’idea, e la chiama “Corpo di dolore”. Siccome è un punto centrale del suo pensiero, riporto le parole con cui descrive il Corpo di dolore ne “Il potere di Adesso”. È anche da notare come questo concetto si possa incrociare con la teoria delle subpersonalità, usata in psicosintesi. Di seguito al brano farò qualche breve osservazione in proposito.

“Il dolore accumulato è un campo di energia negativa che occupa il corpo e la mente; è il corpo di dolore emozionale. (…) Quando pensate di conoscere una persona e all’improvviso vi trovate di fronte per la prima volta una creatura estranea e malvagia, siete destinati a subire uno choc. Tuttavia, è più importante osservarla in voi stessi che negli altri.
Il corpo di dolore può assumere la forma di irritazione, impazienza, malinconia, collera, furore, desiderio di offendere, depressione. Cercate di coglierlo nel momento in cui si risveglia dallo stato latente.
Il corpo di dolore vuole sopravvivere al pari di ogni altra entità esistente, e può sopravvivere soltanto se vi induce a identificarvi inconsapevolmente con esso. Allora può risollevarsi , impadronirsi di voi, diventare voi e vivere attraverso di voi. Deve alimentarsi tramite voi. Si nutrirà di ogni esperienza che entri in risonanza con il suo stesso tipo di energia, ogni cosa che crei dolore sotto qualunque forma: collera, distruttività, afflizione, dramma ecc. Il dolore può alimentarsi solo di dolore. Non può alimentarsi di gioia, la trova indigesta. La sua sopravvivenza dipende dalla vostra identificazione inconsapevole con esso, nonché della vostra paura inconsapevole di affrontare il dolore che vive in voi. Ma se non lo affrontate, sarete costretti a viverlo ripetutamente. Il corpo di dolore può apparirvi come un mostro pericoloso, ma vi posso assicurare che è un fantasma inconsistente, il quale non può prevalere sul potere della vostra presenza.
Il corpo di dolore non vuole che lo osserviate direttamente e che lo vediate per ciò che è. Nel momento in cui lo osservate, ne avvertite in voi il campo energetico e gli rivolgete la vostra attenzione, l’identificazione è interrotta. Si è introdotta una dimensione di consapevolezza più elevata. Io la chiamo presenza.
Quando cominciate a ridurre l’identificazione e diventate osservatori, il corpo di dolore continua a operare per un certo tempo e cercherà di indurvi con l’inganno a identificarvi ancora con esso. Per esempio, se voi vi soffermate sui pensieri di collera, pensando a ciò che qualcuno vi ha fatto o su ciò che farete voi a questa persona, allora siete diventati inconsapevoli e il corpo di dolore “è diventato voi”. Oppure quando vi pervade un umor nero e voi cominciate ad assumere uno schema mentale negativo e a pensare quanto sia orribile la vostra vita, il vostro pensiero si è allineato al vostro corpo di dolore e voi siete diventati inconsapevoli e vulnerabili ai suoi attacchi. Essere inconsapevoli, significa identificarsi con qualche schema mentale o emozionale. Implica una totale assenza dell’osservatore.
Un’attenzione consapevole continuata spezza il legame fra il corpo di dolore e i vostri processi di pensiero e avvia il processo di trasformazione. È come se il dolore divenisse combustibile per la consapevolezza, che di conseguenza arde più vivida. Questo è il significato esoterico dell’antica arte dell’alchimia: la trasformazione del vil denaro in oro, della sofferenza nella consapevolezza”.

Il Corpo di dolore di Tolle può essere visto come una specie di matrice primigenia delle nostre subpersonalità. Infatti egli ci parla di svariate identificazioni con diversi tipi di pensiero, di schemi di comportamento, e con una vasta gamma di emozioni, dall’insofferenza, alla malinconia, alla depressione. Nell’introdurci allo studio delle subpersonalità, Assagioli faceva notare come alcuni individui derivino la loro identità dal loro corpo, altri dai loro sentimenti, altri ancora dai loro pensieri, altri dal loro ruolo sociale o da qualche subpersonalità. Di certo tutte queste esperienze di identificazione (sia per Tolle che per Assagioli) hanno in comune un substrato di sofferenza, e Tolle si interessa direttamente a quest’ultimo, che chiama Corpo di dolore, per iniziare ad agire con la disidentificazione. È un ottimo punto di partenza e di lavoro anche questo.
La psicosintesi invece non parte dal considerare un elemento unico, ma, al contrario, dal constatare l’esistenza di un “animo molteplice” in ciascuno di noi! Cioè la “strabiliante molteplicità del fenomeno umano”… Per la psicosintesi una delle illusioni più fuorvianti che abbiamo, è credere di possedere una personalità ben definita. Ed è anche quello che scrive Tolle, quando parla del nostro choc quando pensiamo “di conoscere una persona e all’improvviso vi trovate di fronte per la prima volta una creatura estranea e malvagia”. E poi aggiunge: “Tuttavia, è più importante osservarla in voi stessi che negli altri”.
Ecco noi possiamo iniziare a vederci come abitati da tante subpersonalità diverse, che ci popolano e ci muovono continuamente. Siamo fatti di tanti aspetti contraddittori, niente affatto uniformi. Possiamo stupirci e spaventarci delle tante voci che abbiamo dentro, che ci parlano di altrettante subpersonalità piene di bisogni e di sentimenti che reclamano di essere riconosciuti. Quando emergono negli altri possiamo restare inorriditi! E facciamo sempre un po’ di fatica a riconoscerle dentro di noi, a vedere “chi è che parla”, e ad ascoltarlo. Come per il corpo di dolore, la regola è che riusciamo a vedere le nostre subpersonalità solo da una posizione disidentificata, da cui poi possiamo lavorare per coordinarle ed armonizzarle. Possiamo vederle quando ci troviamo nell’Io, e non siamo identificati con una di loro. Come dice Tolle poco sopra, “Essere inconsapevoli, significa identificarsi con qualche schema mentale o emozionale. Implica una totale assenza dell’osservatore”.

Non posso dilungarmi naturalmente sull’intero modello psicosintetico delle subpersonalità, ma mi limito a riportare gli elementi che Nocelli ne “La via della psicosintesi” indica come essenziali nella loro genesi: influssi ambientali, influssi psichici prenatali e perinatali, influssi psichici della prima infanzia, lo spirito dell’epoca, influssi nazionali, di classe o sociale, influssi esercitati dal gruppo di appartenenza, mentalità generazionale, personalità vicine o celebri prese a modello.
Nel lavoro psicosintetico viene data una rilevanza centrale all’individuazione delle subpersonalità, che vengono intese proprio come personalità autonome ed indipendenti, con loro caratteristiche, bisogni ed obiettivi diversi. Lo scopo, come già detto, è non già quello di reprimerle, o dissolverle, ma di integrarle in modo cosciente, consapevole, sotto la direzione volontaria ed attiva dell’Io. Infatti ognuna di esse, alcune delle quali possiamo anche descrivere come parti ombra, è comunque e sempre portatrice di una energia vitale, più o meno forte, che una volta integrata non solo ci dà una più forte carica vitale, ma spesso ci porta a scoprire il dono che nasconde. L’atteggiamento da coltivare nell’affrontare questo processo, è quello che anche Tolle consiglia di seguire: e cioè un atteggiamento fondamentalmente non giudicante. Non importa stabilire se le nostre parti sono buone o cattive, meritevoli di vivere o di morire (a parte il fatto che comunque esse vivono indipendentemente dal nostro desiderio di sopprimerle!); l’importante è riuscire a vederle. Perché già il solo atto di riconoscerle porta a non essere identificati con esse. Lo stesso vale per il corpo di dolore, che si nutre dei più diversi stati d’animo, entrando in risonanza con essi. In questa varietà di identificazioni con i nostri pensieri, emozioni ecc… risiede una sostanziale analogia tra il pensiero di Tolle e il modello delle subpersonalità. Ma la psicosintesi effettua un ulteriore e più organico sviluppo, non fermandosi alla (già di per sé molto efficace) “semplice” disidentificazione. L’invito di Assagioli ci porta proprio a conoscere più nello specifico i tanti personaggi che popolano la nostra personalità, procedendo con un’analisi minuziosa e costante di ognuno di essi e, piano piano, ad accettarli.
In entrambi i casi abbiamo come risultato che È come se il dolore divenisse combustibile per la consapevolezza, che di conseguenza arde più vivida”, come dice Tolle. E cioè abbiamo una liberazione di energie a lungo tenute represse, che ci avevano avvinti nonostante il costante tentativo di contrastarle. Tolle paragona questo processo di “liberazione” ad un processo alchemico (come del resto fa anche Assagioli nei suoi scritti di stampo più esoterico, per esempio nella rivista “Verso la luce” dove firma i suoi scritti come “Considerator”), in cui la materia progressivamente si affina, fino a liberare -dopo molte prove e molti passaggi- la sua essenza più pura. E così possiamo concludere citando proprio le parole di Tolle: “Questo è il significato esoterico dell’antica arte dell’alchimia: la trasformazione del vil denaro in oro, della sofferenza nella consapevolezza”.

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